Cronaca di un viaggio di studio in Germania

Valeria Fieramonte

 

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La cosa più evidente nel viaggio che ci ha portato da Monaco a Heidelberg e poi a Bonn, Berlino, Lipsia e Braunschweig, è stata, lungo il percorso, la grande quantità di ‘solar and wind valleys‘. Si può dire che i mulini a vento siano ovunque, e , seppure meno visibili, i pannelli solari a terra e sui tetti sono molto più numerosi di quanto non accada qui da noi.  Dal punto di vista dell’approvvigionamento energetico i tedeschi sono molto più previdenti e ben organizzati di noi e stanno risolvendo in fretta anche la ‘questione orientale’. A poco più di venti anni dalla caduta del muro, Berlino è una città completamente integrata nelle sue parti, dove solo l’apparente assenza di passato - la quasi inesistenza di edifici storici e abitativi secolari - rivela ancora le distruzioni e il trauma della II guerra mondiale.

Anche la ricerca scientifica è molto ben organizzata: La Helmholtz Association - da cui è stata ospitata la delegazione di giornalisti europei in visita studio - ha un budget annuale di oltre tre miliardi di euro e occupa più di trentamila persone, di cui quasi undicimila ricercatori e scienziati.
Hanno fatto la loro assemblea annuale, a Berlino, proprio mentre eravamo in città. E’ stato difficile sottrarsi a un’impressione di potenza ed efficienza - mentre su uno schermo gigante venivano proiettate bellissime immagini riprese al microscopio elettronico e presentati i ricercatori che si erano più distinti nel corso dell’anno. Ho visto qualcosa di simile solo negli Stati Uniti.

La Helmholtz è solo la più grande delle organizzazioni che si occupano di ricerca: ce ne sono altre tre, più piccole ma con budget miliardari, che occupano anch’esse migliaia di ricercatori su diversi obiettivi. La più nota è la Max Planck Society. In questi tempi di crisi il comparto scientifico può dunque contare in Germania su protezioni particolari, anche se c’è tempesta sul mare e la crisi costringerà a maggiori risparmi.  I tedeschi investono in ricerca 66 miliardi di euro: è anche l’intensità di questo sforzo a permettere loro di raggiungere le prime posizioni quasi in ogni settore scientifico.

Il ruolo delle donne in questo sistema di ricerca non è affatto marginale, anche se non tutti i centri dove siamo stati sono egualmente sensibili al problema. A Monaco, dove c’è il centro di salute ambientale, il 56% dei 1900 impiegati è composto da donne. I dipartimenti sono 34, per un budget di 170 milioni di euro. Tra i principali campi di ricerca ci sono il diabete e le malattie polmonari.


Il diabete è una malattia in drammatico aumento in tutto il mondo: può essere di tipo 2 ( il 90% dei casi, meno grave) - e allora in discussione sono soprattutto gli stili di vita, oppure di tipo 1 ( circa il 10% dei casi) più grave perché in questo caso si scatena nell’organismo una reazione autoimmune che distrugge le cellule produttrici di insulina. Il 10% delle donne in stato di gravidanza soffre di una forma specifica di diabete ( gestazionale) con tendenza a partorire neonati sovrappeso, anche oltre i 5 kg, e rischi correlati. Dagli anni ’60 ad oggi il diabete è aumentato di quasi dieci volte, specie negli Stati Uniti, e per quanto riguarda gli Stati Europei, i più colpiti da quella che si può ormai considerare una epidemia ambientale sono la Germania, l’Austria e la Svizzera. Per questo sono stati studiati 4000 pazienti e 8000 genitori degli stessi in una delle ricerche più approfondite mai fatte al mondo sul diabete di tipo 1, che vede coinvolti oltre a un 50% di fattori ambientali, anche cause genetiche, metaboliche e  immunitarie.

A dirigere l’istituto di ricerca sul diabete è una donna, Anette Gabriele Ziegler, una bella  signora bionda di mezz’età troppo impegnata per parlare coi giornalisti.
Va da sé che gli stili di vita ( l’eccessivo consumo di zuccheri, specie in bevande e prodotti confezionati) sono decisivi nell’insorgere del diabete di tipo 2, il più diffuso. Si è visto che c’è anche una correlazione obesità-diabete.
Anche l’obesità è aumentata enormemente dagli anni ‘80 ad oggi: in alcuni stati americani il numero di persone obese è passato dal 10 a oltre il 25%. Ma per il diabete di tipo 1, dovuto anche a reazioni autoimmuni, il discorso è molto più complicato e coinvolge anche fattori genetici: il rischio di contrarlo è del 6% se nessuno dei genitori è malato ma arriva al 60% se entrambi i genitori ne sono affetti.
Per capire le cause si fanno anche molte ricerche sui topi ingrassati e geneticamente modificati: dopotutto condividono con gli esseri umani il 95% del patrimonio genetico, perciò sono un utile mezzo di ricerca.
A dire tutta la verità ho scoperto altrove che nei laboratori sono usate tope femmine perché non mordono, o mordono di meno i ricercatori, quando sono manipolate…

Perché anche i padri contano nelle malattie della prole

A Bonn c’è un ottimo centro di studi sulle malattie neurodegenerative. Contro il pregiudizio corrente che specie in Italia ma anche altrove presenta giovani donne irretite dal fascino di anziani danarosi, un giovane ricercatore Dan Ehninger, mette in guardia circa maggior rischio di malattie neurodegenerative a cui vanno incontro i figli di padri anziani: si è visto infatti che l’avanzata età paterna ha un ruolo in numerosi disturbi neurologici della prole che vanno dall’ipercinesia alla schizofrenia e all’autismo. Sono malattie che si trasmettono anche alle generazioni successive. Si è visto infatti che le alterazioni dello sperma correlate all’età possono essere ereditate dalle successive generazioni e dunque influenzano i tratti cognitivi e comportamentali delle generazioni a venire.
Attente dunque giovani donne non fatevi imbrogliare dalle troppe pubblicità che vi associano a vecchietti danarosi come oggetto sessuale!
Forse il bel Dan nel fare la ricerca pensava anche ai suoi interessi…. se passasse questo tipo di messaggio gli resterebbero come scelta solo le bambine…

Per quanto riguarda il Parkinson è confermata una relazione ambientale significativa con persone che hanno fatto uso di pesticidi in agricoltura.

Un’altra notizia che ci può interessare più da vicino come donne riguarda la ricerca sui tumori che fanno ad Heidelberg al DKFZ: è ormai confermato che il 30% dei tumori al seno potrebbero essere prevenuti con una minore sedentarietà e soprattutto abbandonando le terapie ormonali di rimpiazzo in menopausa.

Infine ho trovato interessante gli studi sull’acqua da bere e il suo possibile uso anche ai fini del calo di peso. Lo sapevate che il 60% dei processi metabolici che bruciano l’energia dell’organismo è dovuto all’attività interna del corpo e solo il 40% è dovuto all’attività fisica? A Berlino al centro Max Delbrueck di medicina molecolare ( MDC) hanno attrezzato una ‘camera metabolica’ ( una specie di scatola più piccola di un box dove  stare rinchiusi per almeno 24h, per capire il metabolismo dell’ acqua. Entro venti minuti dopo aver bevuto c’è un’enorme risposta osmotica del corpo, prevalentemente composto d’acqua, il dispendio di energia aumenta ed è associato a una perdita di peso indipendentemente dalla dieta e dall’attività: il ‘contenimento energetico’ è di ben 5kg all’anno di grasso corporeo! Molto meglio delle pillole dimagranti.
L’attività metabolica di uomini e donne è inoltre diversa: le donne nel bere bruciano più carboidrati, mentre gli uomini più lipidi. Bere acqua serve anche a regolare la pressione del sangue. Insomma, se volete dimagrire bevete più acqua, l’acqua fa bene…

Infine a Lipsia, all’UFZ ( Centro di ricerca ambientale) c’è una ricercatrice molto interessante. Si chiama Susann Mueller, è leader del gruppo di fluoro spettrometria e alleva batteri per far loro produrre più gas. Nello studiare i microbi si è accorta che, non solo ognuno ha bisogno del suo ambiente, ma che hanno anche, per così dire, caratteri, gusti ed esigenze diverse, per esempio ci sono quelli che amano lavorare e gli scansafatiche, ma comunque è facile allevarli perché hanno bisogno di poco, purchè si sappiano maneggiare esserini tanto piccoli…
La produzione di gas da batteri è molto importante per una autonomia energetica meno inquinamte: in Germania ci sono già oltre 6000 impianti di biogas connessi alla rete di distribuzione del metano. Ogni anno a partire da quest’anno al centro di ricerca si terrà una conferenza annuale sulla produzione di biogas: ci fosse qualche ricercatrice interessati ad asili nido batterici si faccia avanti. Si tratta pur sempre di una nuova promettente tecnologia energetica!      

 

 

   28-09-11